Chiacchiere, frappe, castagnole, zeppole. Carnevale è anche la festa dei dolci fritti, che in ogni regione italiana hanno nomi e forme diverse. Delizie non proprio ‘leggere’ che, però, a sorpresa, i nutrizionisti promuovono, “se si rispetta davvero la tradizione“, spiega Michele Carruba, direttore del Centro di studio e ricerca sull’obesità dell’Università di Milano. “I dolci, nella nostra cultura, accompagnano i momenti di gioia, la festa: ogni festività ha il suo: dal panettone alla colomba. Questo vuol dire che non si mangiano tutti i giorni. Festeggiare il Carnevale anche a tavola non è un problema, l’importante è che la festa abbia un limite e non si ripeta ogni giorno“, dice l’esperto.
“Purtroppo oggi l’idea del dolce che segna un momento particolare si sta perdendo. Quando si va al ristorante, infatti, è difficile che ci propongano la frutta a fine pasto, piuttosto c’è una scelta di dessert“. Carruba ricorda che, in assoluto, “non ci sono cibi buoni e cibi cattivi. Esiste invece un’alimentazione corretta, che privilegia frutta e verdura e una sbagliata, ricca di grassi e zuccheri. In questa filosofia non ha senso demonizzare i dolci ma è chiaro che vanno mangiati nelle opportune quantità e con una frequenza limitata. Altrimenti il diabete è dietro l’angolo“.
Durante le feste di Carnevale, in particolare, “non si possono negare ai bambini la zeppola o le frittelle, ma questo deve significare niente dolci per il resto della settimana. Sarebbe punitivo non concederli, ma non va bene neppure assecondare i capricci dei più piccoli che mangerebbero solo zuccheri“.
Per quanto riguarda i ‘danni’ del fritto ovviamente “i cibi che combinano grassi e zuccheri, molto appetibili, sono gli alimenti meno sani. Ma il nostro organismo li ‘gestisce’ benissimo se si limitano nella settimana“. Una particolare attenzione, in ogni caso, va posta al tipo di frittura. “La regola migliore sarebbe di mangiare solo il fritto fatto in casa, in modo da poter davvero controllare l’olio utilizzato “. Un principio difficile da seguire nella pratica, dunque meglio affidarsi a produttori di fiducia, senza rinunciare a “rispettare la tradizione di Carnevale a tavola“.