Il confine fra amore consolidato e abitudine da rapporto è davvero sottile ed impercettibile: i sintomi della dipendenza affettiva sono però individuabili e si possono superare con semplici mosse
Questo amore è una camera a gas, cantava la mitica Gianna Nannini qualche hanno fa. La cantante sicuramente intendeva dire romanticamente che l’amore passionale, quello vero, fa dannare, struggere ma è un malessere piacevole poichè ci si sente coinvolti a 360 gradi, ci si sente vivi ed attivi sia in bene che in male. Soffrire per il troppo amore può davvero trasformarsi in una forza interiore non sottovalutabile. Ma, in questa sede, si affronterà ben altro. Non certo i lati positivi di una relazione, ma quegli aspetti che si celano fra le pieghe della routine quotidiana e che nascondono una realtà molto triste: quando il rapporto non è più amore ma solo un insieme di abitudini quotidiane che, entrate ormai a far parte della propria vita, vengono fatte meccanicamente e non più per trasporto sentimentale. La trappola dell’abitudine è un rischio che purtroppo può intaccare molte storie, soprattutto quelle molto durature. Ma ciò non significa automaticamente che una storia ben consolidata da anni allora sia sempre e comunque solo abitudine e dipendenza affettiva senza amore e trasporto verso l’altro. Il segreto sta nel riconoscere sempre la propria individualità e saper apprezzare il tempo stando “con sè stessi”.
La dipendenza affettiva è quel particolare stato mentale in cui una persona tende quasi ad identificarsi con l’altra: imposta tutta la sua vita, le sue azioni, le sue scelte verso l’altro, come se ormai non avesse più un suo individuale spazio vitale e non riuscisse più a tracciare il confine fra “la mia persona” e “la sua persona”. Un confine ormai troppo sottile, che spesso può portare alla paura di perdere l’altro, e se ciò accade, inconsciamente si ha la convinzione di perdere anche se stessi tale è ormai l’impersonificazione. La storia d’amore dunque non va avanti per voglia di condivisione con l’altro ma va avanti solo per la paura soffocante della solitudine. Non si sarebbe più in grado di ricostruire la propria vita senza l’altra persona nè compiere delle proprie scelte. Come se si tornasse bambini e si avesse il costante bisogno di una guida. Basare la propria storia d’amore sulla dipendenza affettiva è un vero e proprio ostacolo che prima o poi porterà a non pochi problemi di discussione e insofferenza. Di fatti, il passo dalla paura di rimanere soli a quello di diventare morbosamente gelosi è
davvero breve. Seppur la letteratura insegna che l’amore deve essere fusione totale in tutto e per tutto, è bene fare una netta distinzione fra la fusione quando è sintomo di dipendenza affettiva e quella invece benefica che consolida il rapporto di coppia in maniera sana. E’ vero che ci si deve sentire un tutt’uno con il partner ma nel senso che si deve essere alleati e complici l’uno dell’altro: compresi, capiti, una spalla sempre presente ma pur sempre una spalla “esterna” alla nostra individualità. In parole povere, la spalla su cui poggiarsi non deve essere confusa con la propria spalla personale. Essere alleati e complici si, ma mantenendo sempre quella che è la propria sfera di pensiero e di azione.
Se si dovessero avere dei primi campanelli di allarme allora è bene agire fin da subito e la chiave giusta è quella del dialogo ma c’è anche un’altra arma molto più pratica e semplice da utilizzare: restare da soli e viversi il proprio tempo. Ciò non significa che bisogna necessariamente lasciare il partner e vivere da single a vita, ma, vivere sè stessi anche continuando la propria storia d’amore. Bisogna affrontare la propria paura alla solitudine affrontando la propria individualità e vivendola giorno per giorno.Ritagliatevi dei vostri spazi personali, da soli. Che sia una passeggiata al parco o in casa, od anche a fare dello shopping. E’ salutare stare con sè stessi, perchè potrebbe essere la compagnia fondamentale che permetterà poi di tessere dei rapporti con gli altri in modo sano e costruttivo. Chi non ha paura di rimanere da solo è quella persona maggiormente capace di rapportarsi agli altri con sincerità e franchezza
proprio perchè non teme l’abbandono dell’altro. Questa cura alla solitudine potrebbe essere la via giusta da percorrere per cercare di mettere sulla retta via la propria relazione con il partner se si avverte che è sfuggita di mano e si tende a vivere in simbiosi. Il concetto da custodire e da far proprio è che, la propria persona è l’unica compagnia che non si perderà mai, dunque, imparate a vivere con voi stessi, ad amarvi e ad avere in primis stima in voi stessi prima di gettarvi a capofitto in una relazione in cui trasmigrare tutte le proprie insicurezze verso il partner e “respirare” solo della sua presenza. Ciò non deve essere inteso come il suggerimento di non fidarsi mai di nessuno e di contare solo su sè stessi, anche in questo caso infatti non si avrebbe un equilibrio di serenità, è importante per l’uomo la condivisione con i “suoi simili”. Più che altro si tratta di tenere sempre a portata di mano questo pensiero: non c’è persona al mondo che ti amerà più di quanto tu non ami te stesso.