Si alla convivenza, no al matrimonio: il nuovo trend all’italiana dice proprio questo a confermarlo i dati Istat. Perchè i matrimoni oggi sono sottovalutati e diminuiscono sempre di più?
Il matrimonio è sempre più sottovalutato. A dirlo sono dati e parlano chiaro. Sempre meno matrimoni ed un netto aumento dell’età media per le prime nozze. La nuova generazione è dunque quella che considera le nozze out e troppo sopravvalutate dalle generazioni passate. Ma è in realtà così? La drastica riduzione dei matrimoni può essere imputata solo ad un fattore socio culturale della nuove generazioni anticonformiste e più libere da vincoli contrattuali, quale è il matrimonio? Secondo fonte Istat, 248.969 matrimoni in Italia nel 2004, sono passati a poco più di 194 mila alla fine del 2013, sia con rito religioso che con quello civile. L’età media tende ad aumentare,circa 28 anni nel 2004 ma nel 2013 già alzata a 31 anni. I dati non lasciano spazio a nessun’altra interpretazione.
E la cosa forse più allarmante è che a questi dati se ne accompagnano altri ancor più preoccupanti, come l’aumento dei divorzi. Paradossalmente non sono solo diminuite le coppie che decidono di fare il grande passo, ma quelle che lo compiono sono soggetti ad una repentina separazione ( anche già nel primo anno di matrimonio). Questi dati però non vogliono disegnare l’immagine di un’Italia disillusa che non crede più nell’amore o nella famiglia, al contrario, ma un’Italia nuova in cui l’amore e la famiglia per essere tali non devono essere per forza targhettizzati dentro un contratto formale quale il matrimonio. Aumentano infatti le convivenze e le nascite di bambini fuori dal matrimonio.
Gli italiani dunque non hanno smesso di credere nell’amore di coppia e nel voler condividere la propria vita con qualcuno per mettere al mondo figli ma lo fanno, sempre più svincolati dagli obblighi “sociali” e “religiosi” cui, le nozze, sono spesso paragonate. Ma la ragione non è solo quella che lega la popolazione italiana alla figura di uno spirito anticonformista e anticonvenzionale: questo, poteva esserlo qualche decennio fa quando iniziavano a proliferare seppur timidamente le coppie conviventi con figli fuori dal matrimonio, peraltro additate e giudicate come “non serie” e non responsabili. Le ragioni che oggi spingono le coppie a rinunciare al matrimonio sono innanzitutto la precarietà economica che contraddistingue la società moderna: è diventato troppo difficile poter gestire il proprio risparmio e l’aspettativa di guadagno è del tutto inesistente. Dunque, come poter mai programmare le nozze vecchio stampo, con tanto di lussuosi abiti e cerimonia in grande stile accompagnata da un ricco buffet e centinaia di invitati? Improbabile, se non impossibile.
Ci sono coppie che, solo per poter organizzare il matrimonio hanno dovuto ricorrere ai risparmi dei genitori o accendere un finanziamento, indebitandosi già prima di avviare la propria vita insieme. In passato era tutto diverso, si sa. In vista delle nozze innanzitutto l’ unico reddito del promesso sposo, se già lavorava, era sufficiente a permettere il sostentamento di entrambi i coniugi e , i più fortunati avevano già da parte qualche risparmio. Inoltre, i genitori dei futuri sposi erano i primi a contribuire all’organizzazione del tutto, facendo a gara a chi pagava questo e quello (in alcuni casi regalando anche la casa ). Oggi tutto questo è cambiato, ma non perché i genitori non sono più una spalla su cui poggiarsi, ma perchè spesso sono i primi che hanno perso il lavoro e sono rimasti disoccupati, a causa della crisi economica iniziata nei primi anni del 2000 e che continua ancora oggi, nel 2015. Impensabile dunque poter sperare di spendere per il proprio figlio o figlia e contribuire alle spese di nozze.
Per non parlare poi dei protagonisti: lui e lei. Oggi l’età media del primo lavoro si è alzata a circa 25/26 anni (i più fortunati) con spesso paghe molto ridotte: matematicamente è impossibile pensare di mettere da parte qualche piccola somma per organizzare le nozze. Motivi economici a parte, forse, c’è qualcosa di più però che si cela dietro a tutto ciò. L’impedimento di fondo, a detta degli esperti, non sarebbe tanto da imputare al cambiamento dei trends economici che, si contribuiscono alla decisione di rinunciare alle nozze, ma allo stesso tempo non sono un fattore decisivo. Se una coppia vuole sposarsi, lo fa: i mezzi si trovano e se è impossibile materialmente reperirli, ci si sposa anche solo in comune rinunciando a tutto il contorno festoso che normalmente le nozze comportano come la società ci insegna. Il cambiamento dunque sarebbe nel valore che si attribuisce al matrimonio: sempre più visto come un adempimento burocratico e non più invece come un atto di rilevanza sociale, celebrativo dell’amore eterno.
La cultura di questi ultimi 10-15 anni è incentrata sul benessere personale e sull’individualità: l’ego è al primo posto. L’uomo ha sempre più necessità di auto-celebrare sè stesso affermandosi nella propria vita individuale prima (lavoro in primis e società) e soltanto una volta raggiunto questo traguardo scatta l’esigenza di condivisione della propria vita a lungo termine con un partner . In una cultura come questa, un atto come il matrimonio che costringe a confrontarsi e ad assumere obblighi nei confronti di altri, spaventa perché comporterà inevitabilmente il compiere delle rinunce per se stessi, che ancora non si è pronti a fare. Sposarsi implica un legame preso davanti alla società, davanti alla legge, con dei diritti e dei doveri. Paura dell’impegno se è “per tutta la vita”come è consacrato dal matrimonio, sia esso davanti a Dio sia se stipulato come un contratto davanti all’ autorità preposta in comune. Una sorta di macigno, in una società che, al contrario, insegue sempre più l’attimo, il cambiamento, il nuovo, l’innovazione, l’autocelebrazione di sé stessi sugli altri. Ma è davvero questa la strada verso la felicità? L’esigenza di condividere con qualcuno la propria vita, ad un certo punto, chi prima chi dopo, diventa una necessità e un bisogno impellente: la paura di restare soli, la voglia di avere figli, il bisogno di trovare la metà della propria mela platonica. Dunque, sia che con una convivenza o con un matrimonio, ciò che conta e che è certo e che chiunque prima o dopo sentirà la necessità di famiglia e che se star soli è positivo e stimolante per poter “raggiungere sè stessi”, diventa causa di solitudine ed infelicità un domani, quando, in mano non rimane solo che il ricordo dei successi raggiunti che non sono stati condivisi con nessuno.