In pochi anni il brand Semicouture di Erika Cavallini ha saputo imporsi nel mondo dell’alta moda, fino al traguardo più importante, la sfilata sulle passerelle di Milano
Quando l’alto – inteso come livello di qualità, design, lavorazione, ricerca – diventa accessibile e democratico. Questa è la filosofia che sta alla base della casa di moda di Erika Cavallini sin dal nome, Semicouture, che sottolinea appunto la volontà di “abbassare” l’haute couture al livello del pret-à-porter più adatto alla vita di ogni giorno.
Le chiavi del successo. Il richiamo al Made in Italy, interpretato però in chiave originale, dove artigianalità e creatività si esprimono in tessuti pregiati e ispirati da un sapore antico e romantico; l’attenzione e la cura dei dettagli, sia dei processi di lavorazione che di quei particolari in grado di donare carattere agli abiti (come le piume di marabù o le cuffie al posto nel velo tradizionale degli abiti da sposa); il tentativo di creare un “lusso accessibile” (con capi acquistabili anche negli store online di alta fascia, come ad esempio www.susi.it): sono questi gli ingredienti alla base della scalata di Erika Cavallini Smicouture nel mondo della moda, testimoniata sia dall’apertura del primo negozio monomarca (ovviamente nel quadrilatero del lusso a Milano), sia nelle sfilate nella Capitale italiana della moda.
La nascita. È il 2009 quando il brand si affaccia per la prima volta alle passerelle e sugli scaffali, e il successo è immediato. Nonostante la crisi e la recessione, infatti, Semicouture ha fatto registrare fatturati e bilanci in crescita esponenziale, dai 5 milioni del 2012 ai 10 del 2014. Dietro a questo nome “misterioso”, che come detto riesce a esplicare al meglio il filo rosso tra il mondo dell’alta moda (e quindi, qualità elevata di capi e accessori, cura dei dettagli, materie prime raffinate e rigorosamente made in Italy) e la vita quotidiana, c’è una coppia di vita, Andrea Vincenzi e sua moglie Erika Cavallini, la stilista e creatrice, che negli anni non a caso ha aggiunto il suo nome al marchio, per rimarcare la presenza femminile originaria dietro ai prodotti.
La territorialità. I capi vengono in gran parte realizzati nei30 chilometri che separano Modena, Bologna e Carpi, come raccontano i due ideatori, mentre solo per scarpe e borse la produzione si sposta di poco: questo consente di intervenire in ogni momento sulla fase di creazione e realizzazione del campionario, per garantire un controllo costante e capillare sull’intero procedimento. Un’attenzione davvero scrupolosa per un progetto che, in origine, è partito grazie a una folgorazione: Erika Cavallini, in vacanza in Provenza, trova in un mercatino un oggetto particolare, un timbro antico, che le offre lo spunto per immaginare delle collezioni di moda che ridefiniscano il concetto di “vintage” e di moderno, oltre a rappresentare un portafortuna (“inglobato” anche nel logo dell’azienda).
I capi. Il successo di Semicouture, come accennato, ha superato i confini emiliani per diffondersi nel mondo. Solo qualche settimana fa, la celebre rivista Marie Claire ha inserito proprio una creazione di Erika Cavallini tra i “Sette accessori etnici di tendenza per l’estate” di quest’anno: si tratta della elegante pochette in tela stampata batik, disponibile in due varianti di colore (sfondo bianco o verde), che entra quindi tra i must della stagione estiva appena iniziata. Tra gli altri capi che sono diventati di culto ci sono il pigiama di seta con la cintura obi, ispirato alle dive hollywoodiane e indossabile anche di giorno, come tenuta da camera, gli abiti lunghi, sontuosi ma molto flessibili, blazer e bluse completati sempre da cinture dal sapore orientale, il maglione reversibile, che può essere indossato in entrambi i versi. Da donna (stilista) a donna (che sceglie e indossa), ecco un altro piccolo segreto: l’animo femminile che si fa notare nella scelta dei tessuti, nella lingerie fine che viene maliziosamente evidenziata dai vestiti, dai dettagli come paillettes “cotte” e pellicce ecologiche.
Angelo Vargiu