“E’ successo anche a me una volta, una sola volta nella vita, che un potentissimo produttore americano volesse andare oltre con me. Gli ho detto di no, poi è finita lì”
Alessio Boni, in sala con ‘La ragazza nella nebbia’ di Donato Carrisi, ospite dell’AdnKronos racconta la sua esperienza nel solco del caso Weinstein. “Sono contento che se ne stia parlando, ma mi chiedo perché non sia stato fatto prima – prosegue l’attore – A volte accade che il predatore sia così abile da far sì che la preda dopo si senta addirittura sporca, quanto chi gli ha fatto le avance, e non parli con nessuno di quanto accaduto”.
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“Aborro qualsiasi tipo di violenza ma bisogna stare attenti a queste dinamiche, c’è chi ci marcia ma c’è chi è veramente vittima – sottolinea Boni – Penso a una ragazza sottomessa in fragilità da un uomo di potere che non ha la forza, la capacità di reagire. E’ anche quello un abuso, non solo fisico ma psichico. Non se ne può parlare con leggerezza. Si può anche avere la forza di reagire e dire no, come ho fatto io. Ma c’è anche chi non ce la fa. E’ una dinamica psicologica molto delicata”.
Quanto al film di Carrisi, che ha deciso di dirigere quello che è al contempo l’adattamento di uno dei suoi romanzi di maggior successo e la sua prima regia cinematografica, in cui Boni interpreta il professor Loris Martini, dice: “Per lui credo sia stato semplice passare dal romanzo alle immagini cinematografiche, perché scrive in modo immaginifico”.
La trasformazione del crimine in uno show, l’esposizione mediatica dei casi di cronaca nera, il gossip morboso. Tutto parte da un fatto, dalla scomparsa della 16enne Anna Lou: “Siamo in un paesino di 1200 anime, dove inizia la caccia al mostro. Non importa trovare il colpevole, l’importante è fare audience. Rovini la vita a qualcuno? Non importa”.
“Io lo dico ai miei studenti quando parlo di romanzi nel film. ‘Non è il bene che attrae ma è il male che fa il successo di un’opera’ – dice l’attore – Questo è un film non ipocrita, spietato in modo onesto. E la cosa che angoscia di più quando lo vai a vedere è che non tira in mezzo i servizi segreti ma il paesino dove puoi abitare anche tu. E il mostro può essere chiunque. Questo ti angoscia”. “Il male è un indotto spaventoso, la catastrofe fa soldi, è inutile girarci intorno”, sottolinea Boni definendo “la storia di Anna Lou perfetta per far scatenare i media. Eccolo lì il talk show, tutti davanti alla tv. Donato ha guardato in faccia la realtà e l’ha messa lì, non ha esasperato nulla”.
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