Il governo indiano ha vietato la trasmissione di un documentario che racconta lo stupro di gruppo subito da una ragazza indiana che morì dopo la violenza per il trauma subito, “è una cospirazione per diffamare l’India”
L’episodio che in questi giorni sta interessando l’India ha del clamoroso. Il governo ha deciso di vietare la messa in onda di un film documentario “India’s daughter” (ovvero la figlia dell’India) della regista britannica Leslee Udwin, che raccontava la storia della studentessa Jyoti Singh, stuprata da un branco nel Dicembre del 2012 e che dopo 13 giorni in ospedale morì a causa dei traumi fisici che aveva subito a causa delle violenza. Dopo la decisione delle autorità indiane è stata subito bufera sia da parte dell’emittente televisiva che doveva mandare in onda il film, la Ndtv, sia nell’opinione pubblica. Proprio in questi giorni, quando si è appena conclusa la Giornata Internazionale della Donna, il governo indiano anzicchè approfittare dell’importanza dei mass media per sensibilizzare la popolazione alla piaga sociale della violenza sulle donne, decide invece di censurare il documentario. L’india infatti è proprio uno dei paesi in cui le donne subiscono violenze con una frequenza a dir poco spaventosa: si stima che ogni 20 minuti circa in India, viene violentata una donna.
In un tweet, il direttore di Ndtv Sonia Singh ha detto decisa: “Non staremo zitti, ci faremo sentire”. Di fatti così è stato; fra le 21 e le 22, ora locale in cui doveva essere trasmesso il film documentario, l’emittente ha trasmesso, in segno di protesta, il fermo immagine del titolo del documentario. Da quanto affermato dalle autorità, la decisione di vietarne la messa in onda è dovuto al fatto che il filmato violava le leggi sulla privacy legate a simili opere anche perchè nel film erano riportate le dichiarazioni di uno degli stupratori, Mukesh Singh, condannato a morte per la violenza commessa sulla studentessa. Lo stesso stupratore nell’intervista non è apparso per nulla pentito, anzi, afferma che la ragazza non sarebbe morta se non si fosse ribellata così tanto alla violenza. L’uomo giustifica il proprio comportamento incolpando la donna per i suoi abiti, per essere uscita a tarda ora. Della serie, se subiva e taceva si salvava.
Inoltre, il governo indiano ha ritenuto che il contenuto del racconto fosse diffamatorio per il paese, come ha affermato il ministro degli affari parlamentari Muppavarapu Venkaiah Naidu, che ha appunto dichiarato che il film realizzato dalla BBc è un chiaro segno di “una cospirazione internazionale per diffamare il paese: vedremo di trovare un modo per fermarne la diffusione anche all’estero”. La regista britannica ha dichiarato di essere rimasta molto delusa dal divieto imposto in India, posto che il film, verrà comunque trasmesso negli altri paesi in cui era programmato. Ma la censura indiana non si è fermata alla tv. Anche sul web infatti il filmato è scomparso da molte piattaforme e social in cui era stato condiviso. Su youtube il filmato è stato bloccato per l’utenza indiana, che dunque non potrà vederne il contenuto. Tant’è che cercandolo online appare la scritta “questo contenuto non è più disponibile a causa di un ordine restrittivo delle autorità di questo paese”. Un portavoce di YouTube India ha detto che sebbene il web è un luogo per la libertà di espressione non si possono diffondere contenuti illegali e non conformi alla legge che devono essere quindi rimossi, come nel caso indiano.
Siamo di fronte l’ennesimo caso in cui gli alti vertici se ne infischiano dei problemi sociali: in questo caso, ne sono andate di mezzo le donne. Stuprate, molestate per strada, accusate di vestire troppo all’occidentale e di uscire la sera e quindi di essere esse stesse delle provocatrici, quasi come se è la donna a voler cercare la violenza su di sè perchè stuzzica l’uomo che la osserva. E’ questo quello che trapela dalla società indiana. Una mentalità ed un pensiero purtroppo molto diffuso, segno che la società indiana (e non solo) ha un pregiudizio ostile e negativo verso il genere femminile, rasentando quasi il maschilismo più radicale che pare, sia ben infiltrato anche in politica e nel governo. Non c’è salvezza per le donne indiane, vittimizzate tanto dai propri stessi connazionali che dalle autorità che invece dovrebbero essere la loro ancora di salvezza.