Un “esercito di spie” ingaggiato da Harvey Weinstein per mettere a tacere le accuse di molestie
Lo sostiene sul New Yorker Ronan Farrow, rivelando un ulteriore tassello dello scandalo sessuale che ha sconvolto Hollywood. “Dozzine di pagine di documenti e sette persone direttamente coinvolte” confermano che nel 2016 il produttore assoldò una serie di agenzie di intelligence tra cui Black Cube, gestita per la maggior parte da ex agenti del Mossad, per raccogliere informazioni sulle donne che erano state sue vittime ma anche per bloccare i giornalisti che stavano indagando sul caso.
Prima che l’attrice Rose McGowan accusasse pubblicamente Weinstein di stupro, due investigatori di Black Cube la incontrarono per acquisire informazioni. Uno di loro si finse un attivista per i diritti della donne e registrò segretamente quattro incontri con l’attrice. Obiettivo esplicito delle indagini assoldate dal produttore – e monitorate attentamente da lui stesso – era quello di bloccare le indagini portate avanti dal New York Times e dal New Yorker. Tra i compiti affidati alle agenzie di intelligence, c’era anche quello di tracciare dei profili psicologici delle vittime, concentrandosi in particolare sulle loro storie personali e sessuali, cercando particolari che potessero contraddirle, screditarle o intimidirle.
Nell'”esercito” di Weinstein furono arruolati anche diversi giornalisti col compito di scoprire informazioni che potessero venire usate per ricattare le donne che avevano intenzione di denunciare il produttore. Il New Yorker riferisce che Weinstein cercò anche l’assistenza di ex-dipendenti delle sue imprese cinematografiche per raccogliere nomi e fare chiamate. In alcune indagini hanno giocato un ruolo attivo anche gli avvocati di Weinstein. Tra questi, David Boies, che chiese a Black Cube di bloccare la pubblicazione da parte del New York Times di una storia riguardante gli abusi sessuali del produttore. A tutto ciò si aggiungono telefonate intimidatorie: l’attrice Annabella Sciorra racconta di essere rimasta molto spaventata “perché sapevo che cosa significava essere minacciato da Harvey Weinstein“.
Black Cube si è rifiutata di commentare le notizie del lavoro fatto per Weinstein e in risposta al New Yorker ha dichiarato che “è nella politica aziendale di Black Cube non discutere mai dei propri clienti con terzi e non confermare né negare alcuna speculazione fatta per quanto riguarda il lavoro dell’azienda”.
Adnkronos